La Staffetta su il Convegno Assopetroli Oil&nonOil: I nuovi reati ambientali, confronto e prospettive di miglioramento

20151029_115016a cura di Assopetroli Assoenergia

Lo scorso 29 ottobre, nell’ambito della manifestazione Oil&nonOil tenutasi presso il Palazzo dei Congressi di Roma, si è svolto il convegno Ecoreati e gestione del rischio aziendale. L’evento, fortemente voluto dal Presidente Assopetroli Assoenergia Andrea Rossetti e moderato dalla dott.ssa Madi Gandolfo, Segretario generale della stessa Assopetroli, proponeva una discussione approfondita, sotto forma di tavola rotonda, tra esperti di diversa estrazione sul tema dei nuovi reati ambientali, introdotti con la Legge 22 maggio 2015, n. 68. Quest’ultima, infatti, ha apportato diverse modifiche al codice penale prevedendo nuove fattispecie delittuose a tutela del bene giuridico dell’Ambiente.

Il Sottosegretario alla Giustizia Ferri ed il Presidente Assopetroli Assoenergia Rossetti
Il Sottosegretario alla Giustizia Ferri ed il Presidente Assopetroli Assoenergia Rossetti

Al convegno hanno preso parte sia esponenti del mondo politico come il Sottosegretario alla Giustizia e Magistrato dott. Cosimo Maria Ferri e l’Onorevole dott. Alessandro Bratti del PD, esponenete della Commissione Ambiente da sempre impegnato sul tema, sia tecnici del diritto, come gli avvocati esperti in materia ambientale, Avv. Antonella Capria e Avv. Luca Amicarelli dello Studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, il penalista Prof. Avv. Ciro Pellegrino nonché l’Avv. Raimondo Rinaldi, Presidente dell’Associazione Italiana Giuristi d’Impresa. Importante, inoltre, il contributo della società di consulenza Euranet, nella persona del suo Presidente, Ing. Gianpaolo Sara e del suo CEO, Ing. Guido Galazzetti che hanno trattato gli aspetti relativi ai modelli di gestione aziendali. Un messaggio di saluto, infine, è pervenuto dal Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che ha sottolineato l’importanza della tematica ambientale e della svolta impressa dall’introduzione dei nuovi reati ambientali, aggiungendo altresì la posizione favorevole del Ministero a “stare dalla parte di quegli imprenditori onesti che operano nel rispetto dell’ambiente, costretti a subire una concorrenza giocata in troppe occasioni al di fuori dalle regole e della legalità (…)”.

L'Onorevole Alessandro Bratti ed il Presidente Assopetroli Assoenergia Andrea Rossetti
L’Onorevole Alessandro Bratti ed il Presidente Assopetroli Assoenergia Andrea Rossetti

La tavola rotonda ha visto una proficua discussione sul tema fondamentale della legalità in azienda. L’attenzione si è focalizzata sulla necessità di adottare ed attuare all’interno di ciascuna società dei modelli di gestione aziendali che consentano un’efficace conduzione dell’azienda stessa, scongiurando il rischio di commissione di reati e, in particolare, dei nuovi reati ambientali, i così detti “ecoreati”.

La Legge 68/2015 oltre ad avere introdotto nuove fattispecie di reato all’interno del codice penale, ha previsto pesanti sanzioni amministrative a carico delle aziende, laddove venga dimostrato che il reato sia stato commesso nell’interesse dell’azienda stessa, ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Quest’ultimo decreto, tuttavia, prevede la possibilità di adottare specifici modelli di organizzazione e gestione, dove attuati efficacemente, possono avere efficacia esimente per le aziende. Tali modelli avrebbero il duplice vantaggio, da un lato, di permettere alle aziende di operare nella legalità evitando violazioni e procedure errate che possano portare alla commissione di reati ambientali e dall’altro, di scongiurare l’applicazione di sanzioni a carico dell’azienda.

Il Sottosegretario alla Giustizia Ferri ed il Segretario Generale Assopetroli Assoenergia Gandolfo
Il Sottosegretario alla Giustizia Ferri ed il Segretario Generale Assopetroli Assoenergia Gandolfo

Fondamentale è stato il confronto sul merito dei nuovi reati ambientali, con un’ampia analisi delle singole fattispecie. Particolare interesse hanno suscitato le interpretazioni della normativa in materia di inquinamento ambientale di cui al nuovo art. 452-bis del codice penale. In sostanza, la norma punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque cagioni abusivamente un inquinamento ambientale. La discussione si è incentrata sulla necessità di stabilire nettamente cosa si intenda con il termine abusivamente che, nella sua collocazione, potrebbe giungere a punire non solo quegli episodi di inquinamento commessi in assenza di autorizzazioni ambientali o in violazioni delle relative prescrizioni, ma anche i casi in cui un’autorizzazione ambientale esista ma sia considerata illegittima. Sul tema, pertanto, si è auspicato un chiarimento anche in sede legislativa. Tema centrale del dibattito è stato il concetto stesso di inquinamento, espresso dalla norma come “compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1. delle acque o dell’aria o di porzioni estese e significative del suolo o del sottosuolo; 2. di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora e delle fauna (…)”. Determinante sarà chiarire se ogni qual volta si assista al superamento di quei parametri da cui la legge fa dipendere la necessità di una messa in sicurezza o di una bonifica si potrà parlare di inquinamento. Secondo quanto emerso dal confronto la risposta dovrebbe essere negativa; per inquinamento ambientale, infatti, dovrà intendersi qualcosa di più e di maggiormente grave rispetto al mero superamento di un dato formale da cui la legge fa dipendere un obbligo, ovvero quello di bonificare.

20151029_115546Strettamente connessi al tema dell’inquinamento ambientale sono il reato di omessa bonifica di cui all’art. 452-terdecies del codice penale e le disposizioni in materia di ravvedimento operoso di cui all’art. 452-decies.

Quanto al primo, si è sottolineato come vi sia la necessità di chiarirne l’ambito di applicazione. Il reato – che punisce chiunque non ottemperi all’obbligo di bonificare imposto dalla legge, da un ordine del giudice ovvero dalla pubblica autorità – è strettamente correlato alle disposizioni del Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006) il cui art. 257 nella nuova formulazione imposta dalla Legge 68/2015 esclude la punibilità per i reati (diversi dai nuovi delitti ambientali) ove il responsabile abbia osservato il progetto di bonifica approvato dall’autorità competente. Dovrà essere chiarito, in questo senso, come l’art. 257 continuerà ad operare insieme alla nuova fattispecie di omessa bonifica.

20151029_100533-1Per quanto riguarda il ravvedimento operoso, l’art. 452-decies prevede una riduzione delle pene previste per i nuovi reati ambientali (e, in particolare, per il reato di inquinamento ambientale) laddove il responsabile: (a) si adoperi per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori (pena ridotta dalla metà a due terzi); (b) provveda concretamente – prima dell’inizio del dibattimento di primo grado (ovvero chiedendo una sospensione del processo per un massimo di due anni prorogabile di uno) – alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi (pena ridotta dalla metà a due terzi); (c) aiuti concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti (pena ridotta da un terzo alla metà). La discussione ha evidenziato la necessità di un intervento legislativo, secondo quanto peraltro già auspicato dalle associazioni di categoria. In questo senso, infatti, le tempistiche prese in considerazione dal Legislatore alla sopra citata lettera (a) risultano essere eccessivamente stringenti rispetto alla durata media di un procedimento amministrativo volto all’approvazione di un progetto di bonifica. In sostanza, si è espressa la preoccupazione che la necessità per attenere una diminuzione di pena di completare la bonifica nel termine massimo dell’inizio del dibattimento o, su approvazione del giudice, nel termine di due/tre anni confligga con i tempi necessari all’approvazione dei progetti di bonifica ed alla successiva esecuzione degli stessi. Senza considerare, peraltro, che la norma non contempla affatto le “messe in sicurezza operative” ovvero quelle opere atte ad evitare l’estendersi della contaminazione che il Codice dell’Ambiente concede di attuare agli imprenditori, “sospendendo” il termine per operare una vera e propria bonifica e consentendo nel frattempo la prosecuzione dell’attività produttiva.

20151029_101323-1Particolare attenzione, infine, è stata rivolta alle tematiche legate ai reati colposi, in particolare a quello di inquinamento ambientale, specie con riferimento al già citato ravvedimento operoso. Sono state sottolineate  l’incongruenza e la sproporzionalità di una mera riduzione della pena a carico del responsabile di inquinamento colposo sebbene detto responsabile si sia prontamente attivato al fine di porre rimedio all’inquinamento. È dunque emerso nel corso della discussione come sia fortemente auspicabile introdurre, come vera e propria causa di non punibilità del reato di inquinamento colposo, la pronta attivazione ed esecuzione di un procedimento di bonifica (che è espressamente regolato dall’Ordinamento) atto ad escludere gli effetti negativi di una condotta. Il Codice dell’Ambiente, infatti, nella sua formulazione antecedente alla Legge 68/2015 prevedeva come causa di non punibilità per i “reati ambientali” proprio l’osservanza dei progetti di bonifica. Lo strumento, nel corso degli anni, ha dimostrato l’efficacia di una siffatta previsione che ha incentivato l’attuazione di progetti di bonifica e l’eliminazione delle conseguenze negative di eventi accidentali oltre a determinare un effetto deflattivo dei procedimenti penali avviati. La Legge 68/2015 ha limitato tale causa di non punibilità ai soli reati minori, ovvero alle contravvenzioni, escludendone l’applicazione ai casi di inquinamento e rischiando dunque di distruggere un meccanismo che, ad oggi, ha dimostrato un’assoluta efficacia soprattutto nella tutela del bene ambiente.

Sempre con riferimento ai reati colposi, è stato posto l’accento sulla fattispecie di cui al comma 2 dell’art. 452-quinquies del codice penale. A mente di tale norma, se dalla commissione dei delitti colposi di inquinamento ambientale e disastro ambientale deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo. In tal senso è evidente la necessità di un intervento legislativo, volto a chiarire i contorni di una fattispecie che punisce il “pericolo di inquinamento” derivante da un inquinamento cagionato colposamente.

Vari, dunque, sono stati gli spunti di riflessione e di lavoro che gli esponenti della politica presenti al convegno si sono impegnati a valutare nelle sedi opportune rendendosi disponibili ad un confronto con le associazioni imprenditoriali al fine di operare quei miglioramenti e giungere a quei chiarimenti necessari ad una compiuta ed equa attuazione dei nuovi reati ambientali. L’auspicio, condiviso con gli esponenti politici presenti, dunque, è che i prossimi interventi legislativi tengano conto di quelle falle e di quei rischiosi “corto circuiti” interpretativi che sono stati evidenziati nel corso della discussione, con particolare riguardo al tema del ravvedimento operoso e dell’esclusione della punibilità per quei soggetti che, avendo cagionato un inquinamento per mera colpa, si attivino prontamente per eliderne gli effetti attivando un procedimento di bonifica e riduzione in pristino. Tutto ciò sempre tenendo ferma la stella polare della legalità, ovvero il rispetto delle norme e delle autorizzazioni unito ad un efficace modello di gestione che tenga conto delle specifiche esigenze aziendali, attuando procedure che prevengano la commissione di reati.

Pubblicato dalla Staffetta Quotidiana il 13 novembre