INDAGINE CONOSCITIVA IMPOSTA SUL REDDITO E SISTEMA TRIBUTARIO, STATO DELL’ARTE

Le Commissioni riunite Finanze di Camera e Senato nella seduta di venerdì 12 febbraio hanno proseguito il ciclo di audizioni, nell’ambito dell’indagine conoscitiva in titolo, audendo Emanuele Orsini, vicepresidente di Confindustria per il Credito, la Finanza e il FiscoAssopetroli-Assoenergia ha seguito l’audizione in diretta.
Per quanto di interesse è emerso che ad avviso di Confindustria:

  • Serve un progetto di riforma a tutto tondo, partendo da tre nodi fondamentali.
    La portata dell’azione riformatrice: è l’intero sistema fiscale – e non solo l’Irpef– che ha bisogno di una riforma.
    Il metodo: ci vuole tempo, le riforme non si fanno con la decretazione d’urgenza. Le risorse (e come reperirle), oggi ammontano, in media, a soli 2 miliardi l’anno nel 2022 e 2023. Sono risorse esigue. Recuperarne altre dall’evasione va bene, ma non offre garanzie. Servirà rimodulare il prelievo nelle imposte e tra le imposte del sistema fiscale.
  • Oggi l’Irpef – l’imposta principale del nostro ordinamento – sembra uscita dal bisturi del dr. Frankenstein: parti estranee e incoerenti, tenute l’una all’altra solo dal filo ideale di tassare il reddito personale. Troppe le eccezioni all’Irpef: i regimi sostitutivi vanno valutati uno ad uno e quelli che intendiamo mantenere vanno almeno coordinati col regime normale.
  • Restano dentro l’Irpef perlopiù dipendenti e pensionati. Secondo i dati del Mef queste due categorie insieme fanno l’87% dei contribuenti Irpef versano circa l’81% dell’imposta totale.
  • Con l’Irpef attuale un dipendente che cerca di guadagnare un euro in più finisce col trovarsi in tasca pochi centesimi o, al limite, col peggiorare la propria situazione complessiva, perdendo bonus e detrazioni. Per un lavoratore dipendente l’aliquota marginale effettiva sopra i 28 mila euro è di oltre il 31% (quella legale è del 27%). Tra i 35 mila ed i 45 mila euro il prelievo effettivo arriva al 61% (a fronte di un’aliquota legale del 38%). Questo sistema è un disincentivo al lavoro e alla produttività.
  • Regolarizzare l’andamento delle aliquote effettive dell’Irpef è una priorità. Nel farlo, va alleggerita la pressione sui redditi medi, eliminando i disincentivi ad aumentare il reddito, in particolare sopra i 28 mila euro, soglia oltre la quale l’attuale modello produce le distorsioni più ampie. La soluzione più agevole, a nostro avviso, è ridisegnare i parametri dell’imposta esistente, mantenendo un sistema ad aliquote e scaglioni, ma riducendo l’ampiezza dei ‘salti’ di aliquota.
  • Riguardo l’imposta patrimoniale il tema non è ‘se’ introdurne una, ma come riorganizzare le 17 che abbiamo già. Gran parte del dibattito sull’imposta patrimoniale in Italia si concentra intorno agli immobili residenziali e alla prima casa. Un catasto obsoleto – la cui riforma è lunga e costosa – la congiuntura attuale e le esperienze del passato invitano alla cautela.
  • Le agevolazioni hanno un senso se ‘vivono’ abbastanza da consentire la loro implementazione e fruizione e se hanno un’intensità tale da smuovere i comportamenti desiderati. I superbonus al 110% sono un esempio di questo corretto approccio. Si tratta di una misura potente e utile, ma che andrebbe estesa e rafforzata –consentendo l’accesso anche alle imprese – semplificando l’iter applicativo e la normativa.
  • Meglio pochi grandi incentivi e una tassazione bassa, che una giungla di bonus minuscoli o per pochi eletti. Il rapporto più recente sulle spese fiscali (2020) censisce 602 agevolazioni.. La maggior parte operano esclusivamente (o anche) sull’Irpef (196 misure – il 36.7% del totale). L’impatto in termini di mancato gettito è circa 40 miliardi di euro l’anno. Per le spese fiscali serve una revisione coraggiosa e puntuale sulla base di dati ed evidenze oggettive.
  • Per ragioni di semplificazione ed equità potrebbe essere eliminata la galassia di ‘microagevolazioni‘, con importi risibili o manciate di beneficiari e mantenuto un ristretto nucleo di spese fiscali, da classificare in ambiti (casa, famiglia, salute, etc.). Le risorse eventualmente recuperate devono andare integralmente a ridurre la pressione fiscale.
  • Siamo nel pieno di un inverno demografico e il nostro sistema fiscale non supporta abbastanza le famiglie. Vanno riformate le misure fiscali e gli altri strumenti per aiutarle, anche ispirandoci ad altri Paesi come Francia e Germania, pur con attenzione poiché entrambi i modelli non sono esenti da critiche.
  • Non si può continuare a complicare la vita ai sostituti d’imposta. Le imprese fanno già da esattori per conto dello Stato, gratuitamente e tra mille complicazioni, ma c’è un limite ai compiti che possono svolgere. Sarebbe auspicabile quanto meno poter assolvere questi oneri in un quadro legislativo più chiaro e definito. Non vanno posti a carico delle imprese obblighi di controllo che spetterebbero all’Amministrazione finanziaria. Mi riferisco, in particolare, al compito, affidato alle imprese appaltanti, di verificare gli adempimenti cui le imprese fornitrici sono tenute in qualità di sostituti d’imposta. Non si può – per colpire pochi – chiedere a tutti adempimenti al limite dell’impossibile.
  • L’Irap è un’imposta che ha fatto il suo tempo. Dopo la cancellazione temporanea dei versamenti del tributo dovuti nel 2020, il legislatore ha un’occasione storica per eliminarla del tutto. Si avrebbero enormi benefici in termini di semplificazione e attrazione di nuovi investimenti.
  • Per questo Paese il bonus al 110% è una grande opportunità. E’ un’enorme possibilità e dà una grandissima spinta all’edilizia che rappresenta il 25% del Pil del Paese. La bancabilità e la cedibilità del bonus credo che debba essere estesa. Sugli abusi serve trovare un giusto equilibrio e compromesso, anche perché è un fatto che l’accesso agli atti sono a rilento ma per l’enorme richiesta. Serve che l’interpretazione normativa sia rapida perché abbiamo molteplici interpretazioni della norma.