Giovanni Turriziani: differenziare il business sulla rete
Proseguono le nostre interviste sul tema degli indipendenti, ma già da questo colloquio con Giovanni Turriziani, della Turriziani Petroli, sostituiamo il termine indipendente con “retista” che descrive meglio il tipo di operatore che intendiamo incontrare.
Secondo Giovanni Turriziani, in un primo momento è stata la logistica a favorire la nascita di retisti con un proprio marchio, ora è una motivazione imprenditoriale che fa scegliere o scartare l’ipotesi del convenzionamento. Essere presenti sulla rete con un proprio marchio comporta un piano di comunicazione verso il consumatore e una strategia di business ben definiti.
La principale criticità del settore è la diffusa e palese illegalità.
Il suo piano di sviluppo aziendale passa attraverso i servizi logistici integrati mentre lavaggio e bar sono le attività non oil più facili da gestire nell’area degli impianti.
Procuratore generale della Turriziani Petroli, società proprietaria di 80 stazioni di servizio ad alto erogato medio e servizi non oil, Amministratore delegato della B.T. Trasporti, società di trasporto carburanti che movimenta oltre 300 automezzi al giorno, da un anno Vicepresidente Assopetroli, laurea in Economia e Commercio alla Luiss, Giovanni Turriziani usa modi gentili per dire che, per questa serie di interviste agli operatori indipendenti, siamo partiti con il piede sbagliato. “Mi ritrovo fino a un certo punto, esordisce, nell’uso del termine ‘indipendenti’ o pompe bianche per definire noi che siamo proprietari di stazioni di servizio convenzionate o meno. Forzando un po’ la mano, si potrebbe dire che chi non è indipendente si dovrebbe definire ‘dipendente’. Tra indipendenti, pompe bianche e retisti con nuovi marchi, credo che la denominazione più calzante sia quest’ultima. Poi un retista, può declinare in varie forme e modalità la gestione dei suoi impianti”.
Cosa significa essere retista?
Significa essere un imprenditore del settore rete. Non penso che il nostro settore si differenzi dagli altri in cui esistono produttori, grossisti, rivenditori, grandi, piccoli, con contratti pluriennali, monomarca, plurimarca… non si va in giro con un’etichetta. Io sono un retista convenzionato con un suo nuovo marchio, che compra in rete e in extra rete, e questo vale per molti altri retisti con i quali mi confronto, in Assopetroli ad esempio.
Essere un imprenditore del settore rete vuol dire valutare di volta in volta le migliori soluzioni per il singolo impianto: dagli acquisti alle vendite.
Quando e perché ha fatto il passo imprenditoriale di un vostro marchio?
Quando abbiamo ritenuto che, a seconda della tipologia, alcuni impianti con un nostro nuovo marchio avrebbero potuto avere delle aspettative migliori. È una scelta razionale che si compie in determinate condizioni di mercato. Il nostro marchio ha dietro un’idea, un progetto, una comunicazione: in determinate circostanze, un marchio non rilevante a livello nazionale, bensì con una sua notorietà e un suo peso a livello locale, può richiamare una tipologia di consumatori che merita di essere seguita.
Le motivazioni imprenditoriali per crearsi una rete a marchio proprio sono comuni in ogni regione d’Italia, al Nord e al Sud, o ci sono differenze?
Molta differenza l’ha fatta la logistica, soprattutto nei primi anni di diffusione di altri marchi, credo che abbia contato molto. Il passaggio è stato più veloce dove la logistica offre più possibilità di approvvigionamento.
Al punto cui è giunto ora il processo di apertura del mercato, non penso ci siano più queste limitazioni. Oggi si tratta di scelte imprenditoriali, pure e semplici.
Quanto ha pesato nella crescita dei nuovi retisti la scelta delle compagnie petrolifere di fare un passo indietro nel down stream?
Non mi pare una crescita legata all’arretramento dei marchi petroliferi. Le compagnie rimangono protagoniste di questo settore, ognuna a suo modo: hanno i loro asset e li valorizzano secondo le loro strategie. Penso che in verità stiamo giungendo a una criticità di mercato che costringe gli attori, compagnie comprese, a fare scelte definitive e più nette in varie direzioni: chiudere una raffineria o convertirla, concentrarsi o razionalizzare, vedere nel convenzionamento ancora un’opportunità, oppure no. In alcuni contesti i punti vendita privati rappresentano ancora una buona sinergia con la rete di proprietà delle compagnie. In altri contesti geografici e di mercato no, questo a volte incentiva i privati a organizzarsi in modo proprio. In tutto ciò non leggo un passo indietro, ma un momento di forte cambiamento e assestamento. Come noi retisti privati, le compagnie spingono per valorizzare i loro investimenti. Come noi anche loro stanno difendendo uno spazio di mercato.
Il problema è che gli impianti sono troppi rispetto alla domanda, ma ognuno vorrebbe che a chiudere fosse il vicino. Di fatto oggi c’è una pluralità di protagonisti, in un mercato aperto, questa è la concorrenza. Leale. Poi c’è quella sleale che è ben peggiore.
A tal proposito, considerato che avete sollevato voi il tema dell’illegalità nelle attività della rete, a cui nei giorni scorsi è stato dedicato a Torino un convegno, è accaduto che siate stati avvicinati con proposte non trasparenti?
Contatti diretti no, più che altro mail, il che mi fa pensare a comunicazioni lanciate in massa e senza molti filtri. Il problema però è un altro, ed è molto serio, come è stato sottolineato nel convegno di Torino. Assopetroli-Assoenergia per prima si è resa conto che il mercato si stava modificando e ha subito avviato una collaborazione con le Entrate, le Dogane, il Mise e il Mef, per individuare le criticità e proporre sistemi per arginare l’illegalità. Il risultato di questo lavoro è un documento congiunto con UP che stiamo per presentare contenente circa 50 proposte di intervento normativo e di prassi che, se fosse tradotto in misure concrete, darebbe una vera sterzata al mercato, innanzitutto sul problema delle frodi IVA che consideriamo la vera priorità. Quello che stiamo cercando di evidenziare, insieme agli altri operatori del settore, è che il sistema della distribuzione è assolutamente inficiato da fenomeni illegali, e non ci riferiamo al solo contrabbando. Ci sono diverse aziende che, attraverso il sistema delle lettere di intento, operano tra il lecito e l’illecito, in totale trasparenza e, quel che è peggio, con poche conseguenze finora rispetto alla reale portata della sottrazione d’Iva allo Stato, da un lato, e alla concorrenza sleale, dall’altro.
O corriamo ai ripari e le autorità competenti riescono a metterci un freno, altrimenti, tempo un paio d’anni e ci troviamo un settore completamente rivoluzionato, in cui chi rimane al di qua del confine deve chiudere, mentre chi opera in “altro modo” consolida la propria azienda.
Lei ha 80 impianti e una società di trasporto carburanti, la B.T. Trasporti, in una rete che si restringe, spera di crescere, o mantenere la posizione?
Il nostro modo di operare sul mercato è quello di occuparci di tutta la filiera distributiva, dall’approvvigionamento fino alla commercializzazione del prodotto passando per i servizi logistici che proponiamo anche a terzi. Cerchiamo ottimizzazioni e sinergie nell’ambito di ogni passaggio. Così facendo abbiamo raggiunto una dimensione che tuttora ci consente di pensare, nonostante tutto, a un piano di sviluppo. E questo sia per quel che concerne la rete, che per i trasporti e la logistica. Le complicazioni sono molte, ma pensiamo comunque a una crescita attraverso servizi distributivi più efficienti e integrati.
I retisti potrebbero assicurare maggiore dinamismo alla filiera, se intervenissero associandosi?
Sì, certamente, e qualcosa sta succedendo in questo senso. Chi non è integrato, chi vuole avere dei servizi esterni, chi ha necessità di seguire impianti dislocati su più regioni, chi vuole mettere a fattor comune delle risorse: i vantaggi possono essere diversi. Finora i tentativi di successo in tal senso non sono molti, ma ci sono e sono di esempio per superare individualismi poco produttivi.
Il confine tra rete ed extra rete è sempre più labile.
Condivido questa considerazione, non dico che non esista un confine, ma è debole, sempre più sottile. In Assopetroli abbiamo la prova: sono più i temi da condividere tra i settori rete ed extra rete, di quelli da tenere separati. Cali, densità, biocarburanti…sono temi trasversali. Quel che resta differente è la modalità di approvvigionamento: da una parte si utilizzano maggiormente contratti di esclusiva e pluriennali, dall’altra si va sullo spot. Questo fa la differenza, il resto è commercializzazione di carburanti e questa comunanza rende il confine sempre più difficile da individuare.
Nelle sue stazioni ha un’uniforme proposta di servizi non oil?
Noi puntiamo sui servizi tradizionali: bar e lavaggio. Poi cerchiamo di utilizzare al meglio le professionalità dei gestori, senza dover incastrare il tutto in un format predefinito. Questa elasticità ci consente di valorizzare alcune attività nelle stazioni di servizio che hanno spazio e locali adeguati.
Quanto pesano le energie alternative nel suo business?
Se per energie alternative intendiamo, per esempio, eolico e fotovoltaico, non molto, siamo molto concentrati sul core business. Cerchiamo di adeguare e migliorare sempre la nostra rete. Ad esempio abbiamo potenziato molti impianti con Gpl e metano. Se ci confrontiamo con le altre reti, anche europee, si comprende che la diffusione dei carburanti gassosi è una caratteristica italiana, che unisce il risparmio alle qualità di basso impatto ambientale. Non è banale ed è una realtà. A essi si aggiungeranno biometano, Gnl, elettrico… Stiamo in questo settore, cercheremo di cogliere le novità o di anticiparle.
Ha pensato a una stazione con rifornimento Gnl?
Al momento no, ma è solo una questione di tempo. Anche per il Gnl c’è un problema di logistica. Nel Nord Ovest c’è la possibilità di essere riforniti grazie ai depositi spagnoli e francesi. Sarà come lo sviluppo degli altri prodotti: non velocissimo, ma graduale e costante, legato allo sviluppo di un parco circolante di mezzi pesanti alimentati a metano liquido o di aziende/industrie che si convertiranno a tale tecnologia.
Come definisce il suo primo anno di esperienza ai vertici di Assopetroli?
L’associazione raccoglie imprenditori del settore con caratteristiche ed esperienze molto diverse. Sono particolarmente contento della leva di giovani che sta maturando all’interno della dirigenza. E sono grato anche ai più esperti, che hanno ancora passione per questo settore e fanno crescere gli altri consigliandoli, quando occorre, rassicurandoli, quando serve. C’è il giusto mix, il gruppo si sta rigenerando, con ingressi, uscite, cambi di responsabilità, l’associazione sta potenziando i servizi che offre: c’è un bel clima. È un grande impegno, ma si lavora con piacere e per degli obiettivi significativi.
Pubblicato da OILnonOIL il 26 aprile 2016