RISOLUZIONE IDROGENO ALLA CAMERA: AUDIZIONE ENI

Nell’ambito dell’esame della risoluzione idrgeno, la Commissione Attività produttive ha audito i rappresentanti di Eni, di cui vi riportiamo qui di seguito la sintesi dell’intervento.

È intervenuto il dott. Giuseppe Ricci, Chief Operating Officer di Eni, il quale ha ricordato gli obiettivi di neutralità carbonica al 2050 e riduzione di emissioni di Co2 al 2030 a -55% rispetto al 1990. Ha evidenziato inoltre come si tratti di un obiettivo sfidante e come richieda il massimo sforzo sin da subito, con senso di urgenza che deriva dalla consapevolezza che i ritardi sono gravosi in quanto tendono ad accumularsi negli anni a venire. Negli ultimi 30 anni l’Italia ha raggiunto una riduzione di emissioni di Co2 di circa 100 MTon e dal 2020 al 2030 dovremmo aumentare il tasso di riduzione quasi raddoppiandolo.

Il dott. Ricchi ha poi ricordato poi che la premessa è necessaria non per scoraggiare tutti sul raggiungimento dell’obiettivo, ma per esprimere la consapevolezza che l’obiettivo è raggiungibile solo se frutto di operazioni concrete e pragmatiche senza concentrarsi su un’unica soluzione, ma sfruttando tutti i contributi delle componenti già disponibili. Gli ulteriori sforzi richiesti dal nuovo obiettivo vanno ricercati mettendo a fattor comune tutte le soluzioni decarbonizzanti: oltre a spingere al massimo sulle “Fer”, bisogna puntare su biocarburantiCCSlow-carbon hydrogenprogetti di economia circolare e valorizzazione dei rifiuti (materia prima di cui italia è molto ricca).

In tema di rinnovabili ha ricordato che lo sforzo dev’essere massimo e occorre un cambio di passo, perchè per raggiungere gli obiettivi dichiarati c’è bisogno di incrementare l’installato “Fer” e da 55GW attuali si dovrebbe arrivare a 125 GW nel 2030. Perciò fino al 2030 bisogna installare circa 8 GW all’anno, tenendo conto che nel 2020 si è riusciti a installare scarso 1 GW. È necessaria pertanto la rimozione degli ostacoli che rallentano la capacità di installazione delle Fer. Ha ricordato inoltre che l’idrogeno darà un contributo necessario e importante anche per supportare le rinnovabili: l’idrogeno, infatti, è il vettore con maggior intensità energetica e pertanto è l’unico modo per decarbonizzare i settori hard to abate, e anche una buona soluzione per il trasporto, settore in cui l’elettrificazione non è ancora applicabile o matura. Le linee guida sulla strategia nazionale per l’idrogeno prevedono la riduzione di circa di 8Mton di Co2 all’anno tramite decarbonizzazione

Facendo poi riferimento a una presentazione proiettata, il dott. Ricci ha spiegato gli effetti di due simulazioni su casi concreti per chiarire cosa significhi nel concreto decarbonizzare e come, per questo obiettivo, non si possa prevedere l’utilizzo di solo idrogeno verde, ma di un mix che tenga in considerazione anche il blu. Inoltre ha ricordato come affiancare i due tipi di idrogeno, permetterebbe l’avvio del mercato dell’idrogeno, la raccolta dei benefici di decarbonizzazione e  abilitare anche la crescita dell’idrogeno verde, che nel medio e lungo termine potrà divenire determinante, soprattutto quando si abbatteranno i costi degli elettrolizzatori.

Passando poi in rassegna il tema dell’hydrogen-valley ha ricordato come sia un modello di utilizzo dell’idrogeno blu, associato all’idrogeno verde, dove consumatori e produttori possono essere messi in connessione per cominciare a creare cluster di funzionamento, al quale si possono aggiungere altri produttori e altri consumatori indipendentemente dal tipo di produzione di idrogeno, configurando un vero e proprio sistema abilitante.

Ha ricordato inoltre come l’industria hard to abate si possa decarbonizzare o sostituendo la fonte fossile con l’energia elettrica o catturando l’anidride carbonica dai propri camini o tramite idrogeno (verde). Tre sono le caratteristiche fondamentali per il settore:

  • Fornitura continua;
  • idrogeno in grande quantità;
  • competitività sul prezzo.

Concludendo il proprio intervento ha evidenziato quanto sia necessario partire con progetti che siano in grado di mescolare il mix energetico per raggiungere gli sfidanti obiettivi fissati. A tal proposito infatti ha ricordato come l’idrogeno blu sia ampiamente riconosciuto a livello internazionale come una tra le soluzioni più efficienti, con rapporto di 1 a 4 tra costo il costo dell’idrogeno blu e quello dell’idrogeno verde. L’elevato costo dell’idrogeno verde non è solo dovuto ai costi di investimento degli elettrolizzatori (che sono circa 1/3 del costo totale), ma molto importate è anche il costo della produzione di energia elettrica, gli oneri di rete, oltre che ai costi di esercizio. L’allineamento del costo tra idrogeno verde e blu è un fenomeno che necessita di un percorso non solo tecnologico, ma anche di funzionamento e sviluppo della produzione di energia elettrica, e richiederà ancora tempo.  La strategia di Eni per la decarbonizzazione è stata presentata a febbraio e prevede:

  • l’azzeramento completo dei processi entro il 2050;
  • milestones intermedi molto impegnative;
  • sono state individuate leve di decarbonizzazione quali:
    • bio-raffinerie,
    • crescita delle Fer,
    • produzione di prodotti e servizi carbon free,
    • incremento quota gas su produzione totale,
    • produzione di biometano,
    • incremento della capacità delle bio-raffinerie e valorizzaizone dei rifiuti,
    • progetti di CCS;
    • riforestazione;
    • idrogeno (verde e blu).

Ha dichiarato infine che fra qualche mese dovrebbero aprire due stazioni di servizio a idrogeno (San Donato Milanese e Venezia).

In sede di dibattito si rilevano i seguenti interventi di interesse:

  • On. Sut (M5S) che ha chiesto se per alcuni settori hard to abate non sia più convincente utilizzare il metano e se il prezzo dell’idrogeno blu tenga in considerazione anche i consumi elettrici per la cattura della Co2;
  • On. Vallascas (Misto) che ha chiesto se, alla luce dei costi inferiori legati al metano, non possa convenire metanizzare l’idrogeno per creare nuovi combustibili;
  • On. Squeri (FI) che ha chiesto quali siano le ragioni di chi è contrario all’idrogeno blu;
  • On. Chiazzese (M5S) che ha chiesto se fosse lecito attendersi che in futuro l’anidride carbonica seppellita possa fuoriuscire dal sottosuolo, magari in concomitanza di qualche terremoto, vanificando lo sforzo profuso.

Il dott. Ricci, rispondendo, ha sottolineato che:

  • non bisogna mai guardare a un’unica soluzione, ma a un mix di queste. Nel trasporto pesante l’energia elettrica non è pensabile perchè avrebbe bisogno di batterie troppo grandi, mentre con l’idrogeno si risolve questo problema (ad esempio un autocarro a idrogeno potrà fare fino a 1000 km con un serbatoio relativamente ridotto);
  • in tema di CCS ci sono diversi progetti ed esempi in atto in tutto il mondo. È ovvio che viene applicata dove ci sia la certezza che non ne esca più, con tutte le garanzie tecniche che funzioni. Dove non può funzionare non viene praticata.
  • Idrogeno low-carbon è costoso perchè abbiamo il costo della cattura, il costo dello stoccaggio e il costo della re-iniziezione;
  • utilizzare idrogeno per produrre metano vuol dire creare gli e-fuels, ovvero tecnologie in fase di sviluppo che richiederanno anni.