L’iter infinito del disegno di legge
I dubbi avanzati mercoledì dal ministro Calenda sul ddl Concorrenza ci portano a riflettere sulle tante problematiche dello strumento legislativo emerse durante l’iter parlamentare. Alla critica sui tempi quasi biblici per l’esame in Parlamento, si aggiunge quella sullo stravolgimento del testo originario ministeriale. Ripercorriamo la genesi normativa e il percorso alle Camere del disegno di legge con il proposito di fare il punto della situazione e allo stesso tempo di offrire un contributo alla riflessione
Continua a non vedersi la luce in fondo al tunnel del ddl Concorrenza, bloccato da un iter parlamentare di approvazione che sembra non arrivare mai a destinazione. Presentato dal Consiglio dei Ministri nell’inverno del 2015 su iniziativa dell’allora ministro Guidi, il disegno di legge, che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere licenziato dal Parlamento su proposta del Governo con cadenza regolare annuale, era passato nell’ottobre 2015 in prima lettura alla Camera in tempi relativamente “normali”, per poi incagliarsi definitivamente al Senato, dove giace tra un rinvio e l’altro ormai da un anno.
L’ultimo, ennesimo, slittamento è arrivato in settimana. La Conferenza dei capigruppo del Senato aveva precedentemente iscritto l’esame del disegno di legge all’ordine del giorno di martedì 4 ottobre, calendarizzato dopo la votazione per l’approvazione del Rendiconto e l’assestamento di bilancio. Se ne riparlerà la prossima settimana. Forse. Perché nulla va dato per scontato quando si tratta dei tempi del ddl Concorrenza. Il Governo vuole comunque portarlo a casa “entro fine anno”, intenzione messa nero su bianco all’interno di una nota di aggiornamento al Def approvato martedì 27 settembre in Consiglio dei ministri. Nella stessa nota, Palazzo Chigi sembra rilanciare anche per l’anno che verrà, riferendo che la seconda legge sulla concorrenza sarà varata nel 2017 alla luce della consueta segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
In realtà anche la proposta del secondo disegno di legge da parte dell’esecutivo non è poi così scontata dopo la bocciatura, pesante, arrivata in settimana da chi non ti aspetti. A mettere in discussione l’intero impianto della legge sulla concorrenza è stato proprio il ministro Carlo Calenda che, durante l’audizione di mercoledì 5 ottobre presso le commissioni riunite Industria del Senato e Attività produttive della Camera, ha espresso dubbi sul funzionamento dello strumento così come concepito, invitando ad aprire una discussione e a riflettere per il futuro se una legge del genere possa funzionare. A margine del suo discorso tra l’altro il ministro non ha nascosto, proprio sulla possibilità di funzionamento dello strumento, un suo personale giudizio negativo.
Stimolati dall’invito del Ministro, abbiamo pertanto cercato anche noi di dare un primo contributo alla riflessione, ricostruendo la genesi e lo sviluppo di una misura legislativa la cui eccessiva dilatazione temporale e vastità dei settori affrontati rende molto facile perdere il filo e molto difficile avere contezza del quadro completo. Per avere dei riferimenti può essere utile ripercorrere a volo d’uccello sia l’inquadramento normativo che gli intoppi occorsi durante l’esame e che hanno rallentato la procedura.
Le origini
Partiamo dunque dall’inizio per ripercorrere le vicissitudini del provvedimento che avrebbe dovuto aprire una nuova stagione per le liberalizzazioni in Italia. Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 20 febbraio 2015 dava seguito per la prima volta alla previsione contenuta all’interno della legge 99 del 23 luglio 2009 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e che prevede all’art. 47 l’adozione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza. Lo scopo era quello di dare una cadenza periodica all’opera di rimozione di ostacoli e freni, non solo normativi, che continuano a rappresentare barriere alla competizione e all’ingresso nei mercati dei prodotti e dei servizi. Anche l’Antitrust ha un ruolo nel sistema previsto dalla legge 99/2009. Il Governo deve infatti tenere conto della relazione annuale e delle segnalazioni dell’Agcom, che costituiscono così la base per la predisposizione del disegno di legge. In sostanza, una funzione preliminare all’iniziativa del governo, il quale deve anche comunicare espressamente gli ambiti indicati dall’Agcom nella sua segnalazione a cui non ha ritenuto opportuno darvi seguito.
Per certi versi l’idea di una legge per la concorrenza di questo tipo ha un suo precedente nel sistema di pacchetti e decreti utilizzato a più riprese da Bersani sia come ministro dell’Industria nei primi governi D’Alema e Prodi che come ministro dello Sviluppo Economico nel secondo governo Prodi. Le famose “lenzuolate” non erano che un modo di procedere nell’immenso campo delle liberalizzazioni abbastanza simile a quello previsto dalla legge 99/2009, essendo anche all’epoca una misura di impulso governativo aperta a tutti i settori di mercato. Quella che mancava era la previsione di una cadenza regolare, che per il momento resta di fatto inattuata anche per l’attuale procedura di legge annuale per la concorrenza.
L’iter
Il testo presentato dal governo il 20 febbraio 2015 prevedeva limitatamente al settore dell’energia, una graduale eliminazione del servizio di tutela per il gas e di maggior tutela per l’elettricità dal 1 gennaio 2018, rialzando molto ragionevolmente i tempi originariamente previsti nella bozza. Sul fronte carburanti si vietava invece l’introduzione, soprattutto da parte delle Regioni, di norme discriminatorie a carico dei nuovi entranti. Dopo regolare bollinatura della Ragioneria di Stato ad aprile, il ddl inizia a maggio 2015 il suo esame alle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. Nell’estate il dibattito si era concentrato soprattutto sull’articolo 22 che prevedeva l’eliminazione dell’obbligo di distribuzione di un terzo carburante “ecologico” per chi apriva un nuovo punto vendita. L’opposizione unanime, seppur per motivi diversi, veniva da Assopetroli, Unione Petrolifera e gestori.
Tra gli emendamenti aveva fatto la sua comparsa anche la “proposta unitaria” in materia di anagrafe degli impianti e di razionalizzazione della rete di distribuzione, che era stata presentata da tutti gli operatori del settore in un accordo sottoscritto il 14 aprile 2015 nella sede UP. Oltre alla razionalizzazione, l’esame della Camera ha permesso l’inserimento di una modifica del contestato articolo 22, dando al ministero dello Sviluppo economico il compito, sentite Regioni e Antitrust, di definire gli “ostacoli tecnici o oneri economici eccessivi” rispetto all’obbligo di distribuzione del terzo carburante.
Nel commentare l’approvazione del testo alla Camera, l’allora ministro Guidi auspicava che con il passaggio al Senato ci sarebbe potuta essere l’approvazione finale del provvedimento entro la fine dell’anno 2015. E infatti l’esame al Senato, assegnato alla commissione Industria, aveva preso regolarmente il via 10 giorni dopo il via libera dalla Camera. Il cammino si era tuttavia rivelato sin da subito irto di ostacoli, con una spaccatura particolarmente netta sul percorso di uscita dai regimi di tutela, in sostanza su chi si sarebbe
preso i clienti elettrici non più tutelati. La temperatura era diventata incandescente con tanto di accuse al governo di favoritismi a Enel e istanze di cestinare l’intero disegno di legge. Tra gli altri problemi emersi dall’esame in commissione, quello del brand unbundling, ovvero l’obbligo previsto dalle direttive Ue di separare marchi e politiche di comunicazione tra distribuzione e vendita.
A complicare la situazione già precaria, le dimissioni del ministro Guidi, principale sponsor governativo del ddl Concorrenza. L’addio di Guidi aveva spinto il governo a prendersi una pausa di riflessione con la doppia finalità di verificare le norme in sospeso e allo stesso tempo raffreddare i toni. Il rallentamento è poi diventato un vero e proprio congelamento, dovuto anche al ritardo nella nomina del successore di Guidi. Con l’arrivo il 10 maggio al timone del Mise di Carlo Calenda, si era cercato innanzitutto di porre fine al valzer dei rinvii. Calenda stesso, incontrando pochi giorni dopo l’insediamento i relatori, aveva preso l’impegno di accelerare sul ddl con l’obiettivo di chiudere l’esame in commissione prima della pausa estiva. Via libera che è arrivato in extremis a inizio agosto dopo un vertice tra la Commissione e il Governo, ma che ha lasciato in sospeso alcune questioni delicate tra cui quelli legate alle gare gas e ai sistemi di distribuzioni chiusi, quest’ultimo punto respinto in commissione ma su cui pare che il M5S voglia tornare alla carica in Aula.
E ora che il ddl Concorrenza è uscito dalla commissione sembra ripresentarsi il balletto degli innumerevoli stop and go. Durante l’audizione di mercoledì Calenda ha confermato che il Ddl legge arriverà in aula prima del referendum. Ma c’è anche chi ipotizza che possa slittare, proprio per evitare di scontentare qualche settore. Non sembra irragionevole dunque l’invito alla riflessione del ministro su un provvedimento pensato per essere annuale ma diventato de facto biennale, per di più terreno di scontro tra troppi portatori di interesse che apportano modifiche pesanti al testo originario, forieri di formulazioni complicate e contraddittorie che si instillano durante l’iter di verifica parlamentare.
Pubblicato dalla Staffetta Quotidiana il 7 ottobre 2016